DIETRO QUELLA FINESTRA

RAFFAELE FAMELI

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(III) DIETRO QUELLA FINESTRA    (Raffaele Fameli)      

 

Inizio (25/10/2023)

Fine (30/01/2025)

 

1.      IL BAR – IL RICORDO DELLA LUCE GIALLA

 

 

Mi trovavo in strada… volevo andare al solito bar per bere qualche bicchiere come al solito. Eccolo! Il mio bar preferito, con la gente che s’affollava davanti quel  bancone ricco di profumi, siccome quel bar fungeva anche da pizzeria, infatti in quel posto v’andavano anche ragazzini, insomma, gente d’ogni età e d’ogni estrazione sociale! Devo ammettere che in quel posticino mi trovavo benissimo… Nonostante il gran via vai di gente era, veramente molto tranquillo!

Sono stato trasferito da poco nella mia città! Infatti, per parecchio tempo, per via del mio lavoro d’insegnante ho girato parecchio… ma ora sono qui! Contento lo sono! Da sempre ho sognato di trovarmi a lavorare proprio nella mia città dove ho le mie conoscenze più importanti! Conoscenze e luoghi di una infanzia molto tranquilla e felice, ma non per questo banale!

Dentro il bar, dunque, vedevo tutte le persone che ridevano e scherzavano mentre consumavano la loro bevanda, e nel vederli ridere… confesso che anche a me scappava ogni tanto un sorriso! Dopo la prima birretta, decisi d’uscire per fumare una bella sigarettina, in attesa del secondo giro di bevutina… Così, posando il bicchiere sul bancone, mi diressi fuori al locale, sulla strada principale, dicendo al barista di non togliere il mio bicchiere perché presto l’avrei riusato! Quello, gentile mise il boccale vicino al lavabo, raccomandando agli altri gestori del locale di non toccarlo… Così, ora potevo uscire e sedermi su un gradino ricavato dalla rialzatura della vetrina del bar! Presi una sigaretta, e per un po’ me la rigirai tra le mani senza però accenderla, infatti l’accendino attendeva impaziente nel mio marsupio! Intanto, come imbambolato da quella sensazione di pace e d’allegria, respiravo a pieni polmoni l’aria di quella città! Le macchine mi sfrecciavano davanti veloci, ed io cercavo di guardare chi c’era alla guida… cercavo di carpirne i lineamenti, ma quando quelli, si sentivano osservati e mi guardavano, io abbassavo subito lo sguardo. Mi decisi! Presi l’impaziente accendino e finalmente accesi la sigaretta… Tra una tirata e l’altra, timidamente, guardavo i clienti entrare ed uscire. Qualcuno mi salutò per poi andar via, ed io rispondevo con la mano al saluto. Passò un minuto e m’alzai da quel freddo gradino… Girai lo sguardo verso sinistra, e vidi la pompa di benzina che io conoscevo benissimo! Infatti, proprio dietro di quella, s’ergeva maestosa la palazzina dove abitavo da piccolino. Preso dai ricordi, cercai di scrutare lì… proprio dove ricordavo esserci il mio vecchio balcone! Non vidi nulla, poiché il terrazzo in questione era sotto il livello della strada, comunque, immaginavo lo stesso di vederlo… di vedere qualcosa, come luci ed ombre di un passato ormai lontano… Preso da una strana tristezza, alzai gli occhi, ed a lato del mio vecchio palazzo se ne ergeva un altro… Guardai tutta quella struttura, e poi mi soffermai con lo sguardo, non so il perché, al penultimo piano…

Fu lì che la vidi!! Vidi una finestra con la serranda alzata! In realtà di finestre ce ne erano altre… parecchie erano chiuse, mentre altre erano aperte… ma io stetti a guardare proprio quella! Mi venne un brivido lungo la schiena! A differenza delle altre, la luce che si poteva vedere al di là di quella finestra, era d’un colore indefinibile… un colore che dava sul giallo opaco, mentre i muri sembravano essere color di rosa! Non so per quanto tempo stetti fermo con la sigaretta ormai ridotta al solo filtro ad osservare quella tapparella e quella luce! Mi risvegliò da quello strano stato di trance il suono d’un claxon. Guardai il filtro e lo gettai… Come uscito da un sogno, rientrai nel bar.

Cosa m’era successo? Perché quei ricordi mi erano ritornati alla mente in modo tanto nitido e potente? Perché quella finestra m’aveva fatto quell’effetto? Cercai di pensarci, ma poi, mescendo nel bicchiere la birra, non ne cavai nulla! Probabilmente era solo una mia impressione… un mio ricordo che per circa mezzo secondo, proprio come un topolino esce fuori con la testa dalla sua tana, voleva venir fuori! Decisi che per quella sera non ci avrei più pensato…

 

 

2.      LA SCUOLA DESERTA E LE SCALE RICORDATE

 

 

Era ritornato il mattino! Sembrava voler piovere. M’apprestai a prepararmi per uscire, poiché dovevo andare a lavorare. Uscii chiudendo la porta. Mi trovai in strada, e, con la mia brava valigetta contenente il mio computer portatile, mi diressi verso la scuola. Non dovetti prendere l’automobile, perché per mia fortuna la scuola era a due passi da casa mia. Dovevo andare a fare colazione, così andai verso un bar vicino a scuola. Entrando nel locale, ripensai all’esperienza avuta la sera prima, ma la confusione di alunni e gente che, proprio come me s’accingeva a far colazione, mi fecero dimenticare… Ah! Quella per me sarebbe stata una giornata lunga!! Dovevo anche fare il serale! Mi sarebbe toccato stare a scuola fino alle 19… Quindi, senza troppi fronzoli, sospirai ed andai alla cassa, e subito dopo al bancone ricco d’odori di cornetti caldi e di caffè. Consumai il più velocemente possibile il caffè con una brioche, e dopo aver comprato le sigarette uscì da quel bar, pensando a come avrei dovuto affrontare quella nuova giornata di lavoro… tra alunni e professori, di certo non avrei avuto il tempo per pensare a nulla… però mi sbagliavo, ed il perché l’avrei scoperto durante il serale…

Di mattina, tutto filò “tranquillo”, se si pensa alla gran confusione che gli alunni fanno quando devono andare nel laboratorio d’informatica! Tutti, invece di studiare i vari linguaggi che io cercavo di far entrare nel loro cervello, si divertivano ad andare su Internet oppure a smanettare, ed era un gran via vai, sia per me che per il tecnico di laboratorio, ad andare a controllare quelle furie scatenate… Alla fine, finalmente, era giunta l’ora del pranzo. Tutto sembrava normale e caotico come sempre! Non mi potevo lamentare, in quanto trovare un lavoro nella propria città, era stata una grande fortuna che pochissimi hanno…

Di pomeriggio, la scuola assume un altro aspetto… Non so se v’è mai capitato, ma quando si entra in un istituto scolastico di pomeriggio, s’avverte un qualcosa che rende malinconici e tristi! Vedere quelle aule vuote, senza il brusio dei ragazzi che di mattina, come in un pollaio, affollano quelle stanze, tra strascichii di banchi e di sedie, rende quelle pareti come se fossero quelle di un monastero… per non parlare poi dell’eco assordante del silenzio… Anche quella sera quella scuola… la mia… era così! Non c’erano alunni nella mia classe… Da lontano si sentivano solo le voci delle altre insegnanti, intente a gridare!! Non so perché, ma tutte le insegnanti hanno questa caratteristica… gridare… gridare a più non posso, come se fossero delle pescivendole… Intanto, io ero solo! Con me solo il mio computer e i banchi tutti vuoti. Sul registro scrissi “TUTTI ASSENTI”, ma avrei dovuto scrivere anche, “TRANNE IO”… che come professore dovevo rimanere in classe fino alla fine delle mie ore… Mi venne l’inquietudine! Non potevo stare fermo! Proprio come i miei alunni mattutini, andavo in giro per l’aula senza trovare tregua e guardando di continuo l’orologio… Le lancette sembravano non volersi muovere!

Il peggio cominciò quando iniziò a farsi sera! Lavorando al mio computer non m’ero reso conto che il sole era già sceso! Le ombre di quei banchi avevano qualcosa di spettrale! Decisi d’uscire fuori dall’aula per farmi una passeggiata. Arrivai all’uscita di sicurezza ed aprii. Tutto fuori era quiete, ma non una quiete senza quel qualcosa di magico che c’è solo di sera e di mattina presto… sia all’alba che al tramonto! Rigirando lo sguardo, come avevo fatto la sera prima, presi a respirare quella atmosfera strana! Già le prime stelle fecero la loro comparsa nel cielo. Accesi una sigaretta e rimasi appoggiato ad una ringhiera. Fu lì che il ricordo della sera prima si fece risentire… proprio come quel famoso topolino! Ripensai a quella finestra illuminata di giallo! Di sicuro una vecchia lampadina! Chi ci abitava dietro quella finestra? Quali storie si erano svolte e si svolgevano in quell’appartamento? Ma la domanda più incombente era una… cosa centravo io con quella finestra? Perché m’aveva dato e mi stava dando tutte quelle emozioni così particolari e strane? Di sicuro, visto che abitavo proprio di sotto nell’altra palazzina, magari avevo visto qualcosa, oppure era solo la nostalgia a giocarmi quello scherzo! Erano sensazioni contrastanti! Il tutto sembrava intriso d’un mistero e di una quasi paura, mischiata ad una sensazione di solitudine che quasi mi faceva scendere le lacrime. Era come se ci fossi stato in quell’appartamento dietro a quella finestra! Da sempre, le finestre servono per areare le stanze… per far entrare la luce del sole all’interno… allora, perché quella era per me differente? Dovevo scoprirlo… ma come fare? Ancora mancava mezz’ora per uscire da scuola, e di certo, non avrei avuto il tempo d’indagare… Volevo fare solo una cosa… andare al mio solito bar per bere… ma anche per, guardando quella finestra, per quanto possibile ricordare…

Rientrai in classe! Ormai era tempo d’andare… Chiusi il computer, lo infilai nella valigetta, e poi via… verso la mia meta! Ma, mentre scendevo le scale, mi venne un capogiro! Ricordai d’aver salito delle scale… forse le scale che portavano alla casa della finestra con la luce gialla?

 

 

3.      DENTRO IL PALAZZO – L’AMULETO – IL TEMPO CHE SEMBRA FERMO

 

 

Il bar mi accolse anche quella sera insolitamente calda. M’avvicinai al bancone, e come al solito ordinai da bere, ma questa volta avevo premura d’uscire, così, mi scolai l’intero bicchiere in poco tempo ed uscii di corsa, raccomandando sempre al barista d’attendere… Quella sera il mio solito gradino era occupato da un uomo barbuto che io conoscevo di vista! Anche quella, per me, era una presenza conosciuta in quel locale; aveva sempre avuto un alone di mistero, ma, nel vederlo lì fermo, confesso che avrei voluto dirgli di spostarsi ma non lo feci per educazione! Così, rientrai e mi scolai un altro bicchiere… ma, quella sera avevo deciso di far altro, anche se razionalmente non avevo preso una decisione.

Uscii dal locale, e quasi automaticamente, m’avviai per la strada che conduceva a quel palazzo… Svoltai l’angolo ed eccolo! Si ergeva di lato a me, proprio come quando ero piccolo! Provai una sorta di soggezione e, questa volta un brivido di freddo! Mi scossi da quella sensazione, e andai avanti per quella strada senza guardare il pianerottolo che conduceva a quel edificio… pensai che guardare dove avevo abitato per tanto tempo, potesse darmi il coraggio di guardare l’oggetto delle mie strane sensazioni, ma, non fu così! Infatti, girando sulla destra, rividi la mia vecchia strada e fui colto, anche lì da mille pensieri e turbamenti! Scossi la testa come per svegliarmi, e cominciai a fare la strada inversa! Quei luoghi erano ricchi d’odori particolari e di luci soffuse, nonostante era sera! Arrivai di nuovo davanti a quel palazzo! Mi fermai per un momento ad osservarlo, e nel alzare il capo, fui colto da vertigini, ma mi ripresi quasi subito. Senza esitare, questa volta, aprii il cancelletto che mi separava dalla porta d’ingresso a vetri, misi il piede sul pianerottolo e m’avvicinai respirando affannosamente alla porta a vetri! Avevo intenzione d’entrare, ma non toccai la maniglia… Stetti per un minuto a scrutare dentro l’anticamera! Era tutto come se il tempo non avesse scalfito quell’ambiente. Era tutto uguale a quando, con i miei genitori, andammo a far visita ad una persona che abitava proprio in quel palazzo… Fu allora che ricordai qualcosa! Ah! Era andata proprio così! Ecco! Forse le mie sensazioni erano la conseguenza proprio di quella visita… Magari, era stato proprio allora che avevo visto dentro quella stanza? Chissa… Comunque, continuai il mio tour con lo sguardo da quel vetro giallo… già! Giallo proprio come la luce che si vedeva da quella finestra! C’era un altro gradino, e poi uno spazio che divideva l’ambiente! A sinistra un appartamento di una donna che conoscevo, anche lei ricca di mistero, e dopo, in fondo a destra un’altra porta d’un'altra abitazione, ma prima lui! L’ASCENSORE! Nella mia città erano pochi gli edifici che possedevano un ASCENSORE… Appoggiai la mano sulla maniglia e la tirai giù. Il rumore cigolante dei cardini mi fece sospirare forte! Qualcuno aveva sentito? Qualcuno aveva assistito alla mia impresa? Mi girai anche indietro verso le altre case per vedere se qualcuno era affacciato… ma… nessuno! Dopo quell’esitazione, pensai che infondo non stavo facendo nulla di male… Stavo semplicemente entrando in un palazzo… Avrei potuto trovare una qualsiasi scusa… ma, in quel preciso momento, non mi veniva nessuna motivo valido! Di certo non potevo dire che ero lì per via d’una finestra illuminata… Cosa avrebbero potuto pensare? Entrai in quella anticamera e m’accolse l’odore tipico dei condomini… odore che avevo già sentito nella mia vecchia casa! Alzai la testa… Un lampadario tubolare, scendeva dall’alto, diffondendo una luce fioca e quasi arancione! Ah! Ricordavo anche quello! Era tutto così strano, ma allo stesso tempo normale! Però in me, stava crescendo l’ansia! Guardando l’orologio, decisi di ritornare al bar anche se era tardi, per bere un altro bicchierino! Quella sera, m’ero spinto oltre… almeno così pensavo…

Stavo per uscire, quando sentii un rumore metallico sul pavimento! Notai che a cadere, su quelle piastrelle antiche con delle macchie che parevano tante facce, era stato un qualcosa di particolare! Una cosa che pensavo non avrei mai più rivisto!

Nella mia vecchia scuola elementare, e precisamente nella terza elementare, una bambina mi diede qualcosa in regalo! Era uno stemma di metallo di una nota marca di jeans! C’erano come delle aquile! Ah! Quanto mi piaceva quella cosa! Ero il bimbo più felice del mondo! Decisi di farne un portafortuna… un AMULETO!! Lei, quando me lo diede mi parlò di qualcosa che poi scordai…  Ma, poi, tempo in avanti,  lo persi… invece… invece eccolo lì! Mi chinai per raccogliere l’oggetto, e nel farlo pensai che non era possibile che si trovasse lì! Un altro pezzo della mia infanzia… Da dove poteva esser caduto? Mi rialzai, ma vidi che non c’era più! Forse, avevo ricordato anche quello? Ma  no! Io l’avevo visto davvero!

Rimasi deluso, ma anche spaventato! Aprii la porta che doveva condurmi fuori, ed uscii. Tutto sembrava calmo… Dando un ultima occhiata all’edificio, m’incamminai per il bar! Ero sicuro, d’aver fatto molto tardi! Arrivai al bar, e guardai l’orologio! M’accorsi, facendomi bianco, che era ancora presto! Era strano! Quando m’ero messo in cammino per quel palazzo, erano le otto e mezza… Com’era possibile, dopo tutto il tempo trascorso, sia fuori in strada che dentro quell’edificio, che erano ancora le otto e quaranta? Il tempo sembrava non esser trascorso…

 

 

4.      IL SOGNO / RICORDO – L’AVVERTIMENTO – LA LUCE CON LO SCHIOCCO

 

 

Quella notte, non riuscii a prendere sonno! Nel mio letto mi giravo e rigiravo per riuscire a trovare una spiegazione logica a tutto quello che m’era accaduto quella sera! Come diamine poteva essere che il tempo s’era fermato? Forse, non mi ero mai mosso da quel bar? Ero rimasto fermo? Ma no! Io ero andato davvero dentro a quel palazzo ed ero sicuro d’averci passato almeno mezz’ora! E poi… l’amuleto? Ero strasicuro d’averlo ritrovato e d’averlo preso in mano! Che sorta di magia era stata? Forse avevo bevuto troppo? Ma no! Ero abituato… A tutte quelle domande non riuscii a trovare una spiegazione plausibile! Si erano fatte già le tre, e finalmente il sonno vinse sui miei ragionamenti.

Quella notte, feci un sogno molto strano… Sognai d’esser ritornato bambino. Sognai che con i miei andai proprio dentro quel palazzo. La signora che abitava, come ho già detto sulla sinistra all’ingresso, ci salutò e baciandomi, disse a mia madre ed a mio padre qualcosa: “Francesco… Carmen… Voi, davvero volete andare su da Antida? Ah! State attenti al bambino… potrebbe PERDERSI! Questa via, ed in particolare questa casa, come voi sapete, è un PORTALE! Specialmente quell’APPARTAMENTO! Tenete vostro figlio Antonio sempre per mano! Non lo lasciate! Ah! Quanti si sono PERSI! Quanti non hanno fatto più ritorno da QUEI POSTI!” I miei, senza parlare mi condussero all’ASCENSORE… nero… e poi il mio sogno terminò lì.

Mi svegliai in un bagno di sudore che erano le sei e mezza! Dovevo andare a lavorare… Però, mi rimbalzavano le parole della donna ai miei genitori durante il sogno… Era stato davvero un sogno oppure, come ipotizzavo poteva trattarsi d’un ricordo? Cos’erano QUEI POSTI? E chi erano quelli che si erano PERSI? Comunque, non ci potevo pensare! Dovevo prepararmi per uscire, ed affrontare così un’altra giornata di lavoro… ma, mi consolava il fatto che non avrei dovuto stare a scuola tutto il pomeriggio!

Andai, dunque, a lavorare. Tra un giorno sarebbe stato il mio giorno libero, e per cui, libero… libero di ritornare in quel palazzo! Ormai avevo deciso di fare un’altra bella visitina in quel luogo così carico di LUCI ed ombre… Se quello non era stato un sogno, allora, la signora Elisabetta, la signora che avevo ricordato,  avrebbe potuto spiegarmi cosa era accaduto! Si! Ma se quello era stato solo un sogno? M’avrebbe certamente preso per matto! Come fare per non farle dubitare sul mio stato mentale? Cosa m’avrebbe rivelato nel caso che le sue parole del sogno erano realtà? Ma quel pomeriggio? Ci avrei pensato in seguito…

Così, durante il corso delle lezioni continuavo a domandarmi… I miei alunni s’accorsero che avevo la testa tra le nuvole, ed io mi giustificavo col dire che non stavo troppo bene, ma era una balla! Infatti, quel giorno non avevo intenzione di far lezione! C’erano cose che per me erano molto più importanti in quel momento! Altro che Pascal e Basic! Volevo sapere… conoscere! Io, che dell’informatica avevo fatto la mia vita e la mia professione, adesso mi trovavo a voler sapere delle cose che non erano affatto logiche!

Ritornai a casa! Mi misi a pranzare con i miei, e poi, come mia abitudine, a far una pennichella! Feci così anche quel giorno! Non parlai con i miei di quello che volevo fare… no! Nessuno, per ora, doveva sapere nulla! E poi, come far a spiegare certe cose? Non è proprio possibile!

Quel pomeriggio, mi misi a dormire fino alle quattro meno un quarto! Svegliandomi e stiracchiandomi, guardavo fuori dalla finestra. Cosa avrei dovuto fare quel pomeriggio di libertà? Ancora non lo sapevo… Decisi d’alzarmi per sciacquarmi il viso.

Dopo, decisi quello che avrei dovuto fare! Come avevo già pensato, sarei dovuto andare dalla signora in quel palazzo che per me, oramai, era diventato una specie d’ossessione. Così, anche se prestissimo, uscii di casa quasi correndo con il cuore in gola! Avevo già intuito che tutto quello che avevo e stavo vivendo aveva un nonsochè di soprannaturale, ma, ancora, io stesso non volevo crederlo! Mi venne, così, il dubbio d’esserci già stato in quell’appartamento, ma a ripensarci non avevo alcun ricordo di quell’evento!

Per strada, mi rendevo conto d’esser come osservato, ma sulle prime non ci feci molto caso. Solo dopo un po’ m’accorsi che a guardarmi era una donna che io conoscevo di vista… Era muta. Era una signora smunta in viso con dei capelli grigi che sembravano quasi la corolla di una margherita! Ricordavo che da bambino, proprio lei, veniva a mettere nei materassi dei miei la lana nuova. Era davvero molto brava! Portava con sé un ago lungo lungo che, con perizia, inseriva nel materasso togliendo cumuli di lana vecchia che poi sostituiva con quella recente! Nel far ciò “parlava” con i miei con quei mugugni che non ho mai dimenticato! La cosa bella era che i miei sembravano capirla. Quella donna, sembrava volermi molto bene, ed ogni tanto m’accarezzava la testa sorridendo. Perché m’osservava? Ad un tratto mi ricordai che la “muta” in questione era morta molto tempo prima! Non era possibile averla vista! Infatti, mi girai indietro ma quella non c’era più! Mi venne un brivido lungo la schiena, ma lo stesso andai avanti per arrivare a quel palazzo… Che fosse stato un avvertimento? E se non dovevo andare in quel luogo?

Comunque, anche se convinto della illogicità di quello che avevo appena visto, arrivai proprio davanti al palazzo! Ora era giorno, quindi non avrei avuto nessun problema legato all’orario. Il cancelletto bianco e nero era chiuso, e con decisione lo tirai da un lato verso di me! S’aprì cigolando! Misi il piede dentro il pianerottolo ed appoggiai la mano che m’accorsi stava tremando, alla fredda maniglia! Quella porta s’aprì anch’essa e fui colto da moltissimi odori particolari! Si sa… ogni luogo ha il suo odore caratteristico… Questa era una cosa che avevo già letto da qualche parte! Una sorta di carta d’identità! Non potetti che pensare a che odore avrei trovato dalla signora Elisabetta… e caso mai dentro quell’appartamento! Con molta indecisione avanzai per quel corridoio dove l’eco sembrava ingigantire tutti i suoni anche i più deboli! Potevo addirittura sentire il suono delle suole che toccavano il pavimento, però, nonostante tutto, le mie orecchie parevano tappate… Ormai ero giunto al bivio… Da un lato la porta della signora che forse m’avrebbe dato spiegazioni o preso per matto, e dall’altra quell’ASCENSORE… Naturalmente, guardando verso destra, mi diressi invece alla porta di quella donna. Provai a cercare il campanello sospirando… Chissà se m’avrebbe riconosciuto! Infondo ero molto cambiato… Premetti un tasto! Si sentì come uno schiocco cupo che mi fece saltare, e subito dopo s’accese la luce delle scale! Una luce fioca e quasi gialla che mi fece ripensare a quella che avevo visto dietro quella finestra, comunque ripensai anche a quando bambino, nella vecchia casa, c’era la stessa luce e lo stesso schiocco! Era il relè a tempo… questo è certo! Ma come mai per me quel suono era così misterioso e carico di ricordi? Comunuqe, ora dovevo pigiare il pulsante corretto! Mi prese un ansia strana, come se il famoso schiocco avrebbe fatto arrivare qualcuno! Mi girai a destra ed a sinistra ma nulla… non c’era anima viva! Pigiai, questa volta il pulsante corretto, e il campanello dentro quella casa, sicuramente posizionato proprio sopra  la porta si mise a trillare! A quel suono avrei voluto scappare! Andar lontano… Forse stavo per commettere un errore? Forse, entrare in quella casa poteva portarmi dei guai? Ma no! Stavo andando semplicemente a trovare una conoscente dei miei! Le avrei spiegato il motivo della mia visita e m’avrebbe senz’altro risposto com’è normale!

Attesi ed attesi, ed alla fine udii scattare la serratura! Ecco! Adesso non mi restava che vedere la signora Elisabetta… quella che FORSE mi avrebbe fatto risolvere il mistero…

 

 

5.      WANDA E LA RADIOLINA – LA MUSICA ETEREA E LA SIGNORA ELISABETTA MALATA – LE NON RISPOSTE

 

 

Qualcuno aprì quella porta! M’aspettavo, com’è ovvio, di vedere la signora Elisabetta, ma così non fu… Ad aprire, era stata una donna molto alta e smunta che teneva nella mano una radiolina portatile accesa da dove non usciva che un continuo fruscio… Nessuna musica… nulla! La teneva all’orecchio! La sua capigliatura era tipo caschetto maschile! Solo allora ricordai! Quella donna era Wanda, la sorella malata della signora Elisabetta. Naturalmente, com’è normale la salutai, ma quella con una voce strana mi disse: “… Non si sente niente… Ancora, non si sente niente… Forse più tardi… Ancora è presto!” Io, nel sentire quelle parole mi sentii strano, ma allo stesso tempo dissi con voce gentile: “Ciao Wanda… C’è la signora Elisabetta? Io… io sono Antonio!” Quella, facendomi uno strano sorriso, si staccò la radiolina dall’orecchio e mi disse: “…Spetta… Mo la chiamo… ma è a letto…” Spuntò un’altra donna che usciva da una stanza illuminata in fondo all’appartamento! Appena mi vide venne alla porta e salutando mi disse: “Prego? Chi desidera?” Io ricordai quella donna! Era una nostra vecchia vicina di casa: “Signora! Cerco la signora Elisabetta! Mi chiamo Antonio ed abitavo in una casa qui vicino! Gentilmente potrei parlarle?” Quella, sgranando gli occhi verso di me per capire chi ero, ad un tratto sembrò ricordarsi e disse: “Ah! Antonio… il figlio di Carmen… Come stai?” Io le risposi a tutto, ma dopo lei diventando seria, stringendo un Rosario tra le mani mi disse: “Eh!! Elisabetta sta molto male!! Ormai è da tempo che è allettata! I suoi parenti mi hanno pregata di venire qui in casa sua per tenerle compagnia, ed anche per badare a Wanda! Non so per quanto tempo potrà ancora resistere! Comunque entra Antonio… Vieni a prendere un caffè e ti spiegherò tutto!!” Facendomi coraggio, con un sorriso entrai in quella casa ricca d’odore!

Con Wanda al seguito che continuava ad ascoltare il NULLA, ci avviammo verso la cucina che si trovava subito dopo la porta d’ingresso sulla destra! Assunta, così si chiamava quella donna, mi fece accomodare su una sedia di vimini e mi disse: “Antonio… Come mai sei venuto a cercare Elisabetta! Sarà certamente contenta di vederti! Ormai, è da tanto che è costretta a letto! E’ una storia molto brutta… un brutto male! Ma lei, non si dà per vinta! E’ stata sempre una donna forte!” Io, sospirando disse: “Forse è il caso che vada via! Non vorrei disturbare più del dovuto… Sono venuto solamente per farle qualche domanda… ma…” “Te ne vai così presto!! Dai Antonio! Prendi il caffè che ho appena fatto, e poi andremo da Elisabetta! Non disturbi affatto! E’ vero Wanda?” Quella, con un sorriso, disse: “E’ vero!! Non disturba!! Sente anche lui la mia radio… Stiamo insieme e sentiremo le VOCI!!”.

Fui costretto a prendere quel caffè! Sapeva di metallo! Non mi è mai piaciuto il caffè fatto con la moka, specialmente quando ha proprio quel gusto strano, ma educatamente sorbii quel liquido sotto lo sguardo di Assunta e di Wanda. Assunta mi fece molte domande ed io rispondevo a tutto pazientemente! Ero combattuto… Andar via, oppure rimanere per parlare con Elisabetta, ammesso che fosse stata in grado di dirmi qualcosa… Ad un tratto, da qualche appartamento più su, un suono di una musica ovattata! Ah! Ricordavo anche quel piccolo particolare dei condomini. Infatti, da piccolo udivo spesso musiche provenienti da chissà che mezzo… La cosa strana era che quella che stavo sentendo in quel momento mi sembrava, anche non potendo udire bene, la stessa di molti anni prima! Fui colto da una malinconia strana e, stavo per dire ad Assunta che sarei andato via… ma una voce mi fermò proprio mentre lo stavo per dire: “Assunta!! Assunta!! Chi c’è? Chi c’è?” Dalla stanza illuminata infondo al corridoio la voce, sicuramente di Elisabetta. La vicina, gridò: “Ah! Non sai che sorpresa Elisabetta!! E’ venuto a trovarci Antonio… il figlio di Carmen!! Andiamo Antonio!! Elisabetta ci aspetta!” Così, senza ch’io potessi far qualcosa, Assunta senza aspettare mi prese dalle mani la tazzina vuota, e l’appoggiò su un vecchio tavolo pieno di molliche di pane; mi prese le mani e mi condusse proprio in quella stanza, mentre Wanda, contenta, ci seguì con passo lento!

Eccoci tutti e tre nella stanza dove Elisabetta era solita vivere fin da quando aveva scoperto la sua malattia! La stanza, era come una camera da letto, ma alle pareti molti mobiletti con fucili del marito che era morto da tempo e qualche uccello molto alto impagliato… un’atmosfera strana e dolce, ma anche inquietante! Ancora riuscivo, se pur molto distante, sentire quella musica. Elisabetta disse con voce fioca: “Vieni Antonio! Dimmi… Come mai sei venuto a trovarmi? So che sei arrivato da poco! Ti hanno trasferito! Sono contenta per te! Come stanno i tuoi? E’ da tanto che non li vedo…” Le risposi a tutto con educazione, ma alla risposta sul motivo della mia visita esitai. Ora, anche senza motivo apparente, avevo paura delle parole che avrebbe potuto dire quella donna, ma alla fine, alla sua domanda insistente, non mi potetti sottrarre e le dissi: “…Vede… Se sono venuto fin qui è perché volevo sapere da lei un qualcosa che le potrà sembrare molto strano… Vorrei sapere dell’appartamento…” Improvvisamente, la signora Elisabetta, cominciò a dire con voce lamentosa: “Ah! E proprio da me dovevi venire, Antonio… Cosa? Ti sei ricordato? Io l’avevo detto ai tuoi genitori, ma loro m’avevano assicurato che tu non ricordavi nulla!” “Cosa non avrei dovuto ricordare, signora? Me lo dica la prego!” Ma quella, chiamò a sé Assunta e le disse di chiamare il medico poiché stava male. Assunta, avvicinandosi ad Elisabetta, mi guardò come se mi volesse mangiare, ma allo stesso tempo sembrava aver paura, dicendo: “Vado subito! Antonio… ora è meglio che vai! Elisabetta sta male!” Io, preso da uno strano tumulto, m’avviai verso il corridoio dicendo: “Mi dispiace avervi causato disturbo…” Nessuno mi rispose, infatti Assunta era al capezzale di Elisabetta, cercando di farla bere un bicchiere d’acqua, che puntualmente veniva sputata. Mi venne un groppo in gola, e fuggii verso la porta d’entrata… Lì, m’accorsi di Wanda che era vicino alla porta con la sua solita radiolina in mano: “Ecco!! Ora si sentono le voci… Vuoi ascoltare??” Disse storcendo la bocca in modo innaturale, mentre dalla radio si udivano delle voci indefinibili! A quella vista, aprii la porta di getto, e poi via… Volevo uscire da quel maledetto palazzo, fonte per me di molti dubbi, ma ora, di molte paure…

 

 

 

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