DIETRO QUELLA FINESTRA

RAFFAELE FAMELI

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1.       LA TERRAZZA DEL DOLORE

 

Eccomi nel corridoio… Respirai forte. Ripensai a tutto quello che avevo vissuto non solo quel giorno! Tutti ricordi ed avvertimenti, ma di LORO nessuna traccia. Magari, tutto quello che stavo vivendo non era altro che un ripercorrere la mia vita passata? Forse tutto quello non era altro che un sogno? Questo non lo sapevo e mi chiedevo tra me e me se era davvero necessario andare in quell’appartamento per vedere cosa mai ci fosse DIETRO QUELLA FINESTRA. Di una sola cosa ero certo, io davvero avevo avuto tutte quelle brutte esperienze… io LI avevo davvero visti, ma ora da adulto, pronto alla ricerca, proprio nulla! Avendo letto le storie di Ric ed Alby mi ero reso conto che comunque non avevo, almeno fino a quel momento, visto nulla e nemmeno essere stato davvero in pericolo! Comunque, adesso ero davvero lì… in quel palazzo fonte di tante preoccupazioni e paure. Dovevo completare la mia missione! Forse, il mio scopo era solo quello, almeno per il momento, di ricordare e di divulgare agli altri le mie esperienze… forse LORO in quel posto non c’erano più… forse c’erano stati in un tempo diverso.

Con tutti questi pensieri in testa, mi diressi verso le scale! Non volevo prendere l’ASCENSORE, ma poi, vedendole notai che erano moltissime… più di quanto ce ne potevano essere in realtà… Il palazzo maledetto, voleva costringermi a prendere quel dannato ASCENSORE. Sospirai forte e nell’aria si sentiva odore di detersivi per pulire i pavimenti! Mi girò la testa e per un attimo stetti fermo. Però, l’elevatore era proprio davanti a me! Si poteva vedere già la sua cabina stretta. Dovevo premere il pulsante e farlo aprire. Mettendomi la maglietta intorno al dito indice della mano destra per paura di prendermi qualche scossa, premetti quel bottone. Non successe praticamente nulla! La porta s’aprì, ed io incominciai a muovermi per salire.

Entrai dunque in quel luogo angusto e stretto. Sempre con la stessa procedura m’apprestai a premere il pulsante di quel piano, quando qualcosa mi spinse a premere l’ultimo… Non so perché lo feci, ma sempre con il dito avvolto nella maglietta lo feci. L’ASCENSORE, chiudendo le sue porte si mise a salire. Ci volle molto più del dovuto! Quel mio viaggio sembrava non finire mai! Com’era possibile che per salire ci impiegassi così tanto tempo? Pensai illogicamente, che l’ASCENSORE stesse salendo anche sfondando il tetto dell’abitazione! M’aspettavo prima o poi di sentire il botto, ma quello non arrivò! Al suo posto s’aprirono le porte verso un altro ambiente…

Era tutto sporco! Davanti a me soltanto una porta arrugginita. Le scale non arrivavano fin lassù! Arrivava soltanto l’ASCENSORE! Pensai che  fosse davvero strano. Ad un tratto ricordai che da quella sporca porta di metallo s’accedeva al tetto che fungeva da grande balcone. Era grande quanto tutto l’edificio, circondato solo da muri alti. Ormai ero in ballo, e quindi non potendo far altro, decisi di tirare il maniglione e spingere quell’uscio per uscire. Aprii. La ruggine mi coprì la mano e così anche le ragnatele. La porta con un cigolio incredibilmente sinistro s’aprì e la luce mi colpì gli occhi abbagliandomi. Ero finalmente arrivato! Davanti ai miei occhi l’enorme spazio di quel tetto fatto di soletta! Ripiombai nei ricordi di quando ero piccolo…

Proprio in quel palazzo, abitava un mio conoscente! Era più grande di me ed aveva un fratello che sognava di diventare DJ… Infatti, a casa sua, tra i mille poster, aveva i piatti, il mixer, insomma tutto l’occorrente per esercitarsi nel suo hobby. Questo ragazzo era alto e smunto con i capelli lunghi, ma era il suo volto a farmi impressione! Infatti, era allungato con molti brufoli. Non mi piaceva stare in sua compagnia… non so spiegarmi il motivo… comunque, un giorno io ed i miei andammo proprio in quel palazzo a fare visita ai genitori di questi due. Fu proprio questo mio conoscente a dirmi di salire in “SOFFITTA” come lui definiva quell’enorme balcone, per giocare a calcio. Confesso che non mi è mai piaciuto quel gioco, ma siccome quello insisteva, i casi erano due… o giocare a calcio, oppure vedere suo fratello con le cuffie in testa! Non protestai ed andai a giocare in quell’enorme spazio. A pensarci ora era anche piuttosto pericoloso… Se uno si sporgeva c’era il rischio di fare un volo di parecchi piani… All’inizio tutto fu abbastanza normale. A me toccò il ruolo di portiere visto che non sapevo giocare. Quello si divertiva a tirarmi pallonate molto forti, ed alla fine, stancandomi gli dissi di non voler più giocare. Quello sembrò prendersela, ma alla fine mi sorrise in modo molto strano e mi disse di seguirlo. Camminammo per un po’ e poi davanti a noi una specie di capannone fatto di lastre di metallo, sempre chiuso da una porta metallica arrugginita e sporca. Mi disse: “Antonio… Adesso ti faccio vedere la mia bicicletta e ci facciamo un giro!! Ti va?” Nemmeno quello volevo fare in quanto avevo paura di cadere, ma lui insistette dicendo che se non avessi fatto il mio bravo giretto, saremmo andati da suo fratello nella sua stanza. A me faceva paura anche la stanza… Infatti, aprendo la porta si vedeva subito un enorme poster con la scritta DOORS… Solo col senno di poi capii quella parola… Tutto ruotava su una porta… Io, dovevo aprirla… dovevo vedere cosa c’era DIETRO QUELLA FINESTRA… Comunque, quel giorno non successe ma successe molto altro… Infatti, il mio conoscente aprì quella dannata porta. Di bici nemmeno l’ombra, solo puzza di chiuso, muffa e sporcizia. Era estate! Avevo i pantaloncini corti ed una maglietta. Il mio conoscente che poi mi fece capire le sue vere intenzioni, mi spinse dentro quel dannato capanno facendomi cadere all’indietro. Mi graffiai tutto! Arrivò anche lui… mi calò i pantaloncini e subii violenza per più d’una volta. Ricordavo anche l’odore nauseabondo durante tutti quei rapporti di tutti i generi! Stetti male di stomaco durante uno di quelli, ma lui incurante continuava a spingere! Ricordo solo il vomito ed i dolori lancinanti al basso ventre! Ecco chi era quel dannato! Una persona quasi piccolo come me, ma sporca… sporca dentro e fuori! Una persona subdola proprio come suo fratello! Io volevo scappare, ma più tentavo di allontanarmi e più mi stringeva a se… Arrivò anche a minacciarmi ed io non dissi mai nulla ai miei, anche perché quella persona, dopo qualche mese fu colto da un presunto attacco anafilattico poiché da un tubo che egli si mise in bocca, dissero, che gli era arrivata un’ape che lo aveva punto. Gli fecero i funerali a cui io nemmeno andai ma i miei genitori si!

Ecco cosa ricordai nel vedere quella enorme distesa. Rabbrividì a quel ricordo rimosso, ma se ero lì, di certo, ci doveva essere un motivo! Stetti male a ricordare ciò che avevo subito, ma ancor di più al ricordare tutti quelli che avevano avuto contatti con me e che purtroppo erano morti! Mi venne un pensiero inquietante! Mi sono chiesto se per caso non fossi stato io a portare a tutte quelle persone il MALE! Mi sono chiesto anche se, inconsapevolmente avessi portato da loro appunto LORO… Però, adesso dovevo capire! Così andai verso quel maledetto capannone! Dovevo indagare! Se ero giunto fin lì, di sicuro c’era un motivo! Infatti, m’avvicinai a quella porta e l’aprii. Fui colto da conati! Infatti, c’era lo stesso odore di tanti anni prima. Uscii di corsa per vomitare. Appoggiato al muro stetti malissimo e mi chiesi perché tutto quel male proprio a me… Quando mi ripresi, volli vedere di nuovo dentro quel capannone! Tra tubi arrugginiti e buste sporche, solamente un libro su una pagina aperta… quella di Mami… vicino al libro proprio i pantaloncini di quel dannato che m’aveva fatto del male… pantaloncini sporchi di sangue e di non so cos’altro…

 

 

2.      DONATELLA E LE OMBRE

 

 

Dovetti andar via da quella dannata soffitta fatta solamente di dolore e bruttissimi ricordi! Compresi che la mia STORIA era alquanto diversa da quella di Ric ed Alby! I miei incubi non erano cose tangibili ma solo ricordi! Dei ricordi bruttissimi! Il pensiero di ripercorrerli tutti mi faceva star male! In tutte quelle dannate esperienze, di LORO, ancora non avevo avuto traccia e questo da un lato mi tranquillizzava ma dall’altro faceva accrescere in me l’agitazione! Comunque d’avvertimenti ne avevo avuti ed anche molti. Strinsi le due piramidi e mi diressi verso la porta dove pensavo di trovare l’ASCENSORE, ma così non fu…

Infatti, davanti a me le scale! Non mi chiesi nulla! Ormai avevo imparato a prendere tutto così com’era! Dovevo scendere a quel piano maledetto! Presi le scale e cominciai a scendere velocemente. All’inizio tutti i muri delle scale sembravano rustici e pensai non dovessero finir mai, ma poi arrivai proprio ad un piano! M’accorsi con mio sgomento che si trattava dell’entrata che dava sulle scale! Quel palazzo sembrava esser stregato. Volli andare di nuovo a prendere l’ASCENSORE! Così, andai sulla mia destra. Spinsi il pulsante e quello s’aprì davanti a me! Vi salii, ma ad un tratto mentre salivo, qualcuno chiamò l’ASCENSORE. Le porte s’aprirono e vidi salire un uomo con sciarpa e cappello nonostante facesse stranamente molto caldo!

Quando le porte si richiusero, quello, senza scomporsi, premette il tasto contrassegnato con la lettera S e non con un numero! Rabbrividii poiché sapevo che si trattava del seminterrato! Non parlai perché pensavo poi di proseguire, ma poi mi venne un altro dubbio! Probabilmente quello era il piano dove abitava un tempo Donatella! Come mai un uomo scendeva fino a quell’appartamento che sapevo vuoto da anni? Guardavo con apprensione quell’uomo di spalle. Era longilineo e non potevo scorgerne i lineamenti. “Dimmi un po’ Antonio… PUZZOLA! Perché insisti a voler vedere l’INFERNO?” Disse, sempre di spalle. Mi irrigidii. Come poteva conoscermi, e poi, conosceva anche il mio status da animale! Chi diavolo era? “Allora! Non vuoi rispondere? Ti sei per caso morso la lingua? AHAHAHAHA!!” “No! Adesso mi deve dire lei chi è! Io non la conosco signore! Si faccia riconoscere!” Gli dissi tremando. Quello non si voltò, ma spinse con una mano deforme il tasto di stop. L’ASCENSORE si bloccò tra due piani anche se sapevo che dall’entrata al seminterrato non ci potevano essere! “Davvero vuoi che mi faccia vedere? Davvero vuoi vedere il mio volto? Non ti conviene! Ancora sei in tempo per uscire da questo palazzo che per te rappresenta l’orrore!” Risposi: “Si! Fatevi riconoscere! Sono giunto fin qui per conoscere la verità e non mi fermerò! Devo vedere DIETRO QUELLA FINESTRA!” Quello, girandosi solamente per un istante, disse: “… Prima devi conoscere DONATELLA! Vieni con me!” Notai che dal cappello abbassato si potevano vedere solo due labbra. L’uomo, dicendo questo, spinse di nuovo l’S e l’ASCENSORE cominciò di nuovo a scendere! Scendeva e scendeva senza sosta! Come al solito era impossibile quello che stava capitando, ma ero in trappola! Davanti a me quell’uomo che bloccava l’uscita! Non feci altre domande! Non aveva senso! Capivo che più domandavo qualcosa e più avrei corso il rischio di finir male!

Le porte s’aprirono, e ad un tratto l’uomo che era davanti a me si dissolse lasciando a terra solamente gli abiti ed il cappello con moltissimi insetti. Evitando quello strazio, uscii ma mi ritrovai in un corridoio che finiva con un cancelletto bianco e nero! Arrugginito! M’avviai verso di quello, tra buste e confezioni di detersivi che emanavano cattivo odore, alla fine notai che il cancello era semiaperto! Lo spinsi e quello cigolando s’aprì. Dunque era lì che un tempo abitava Donatella? Si! Adesso dovevo entrare dentro quella casa! Alla mia destra il palazzo, ed alla mia sinistra il muro alto che dava sulla strada! Era una condizione claustrofobica! Mi sentii mancare l’aria, anche perché potevo sentire odore di marcio che si faceva via via sempre più forte! Pensai di trovare un cadavere e mi preparai psicologicamente a quella vista! Tutto era surreale! Quanti erano morti dentro quella palazzina? Quanti? Come poteva esistere nella mia città, anche se di cose strane ne avevo lette molte, un edificio così malvagio e ricco di mistero?

M’addentrai per quella specie di corridoio cercando di non mettere i piedi su qualcosa di pericoloso che poteva farmi cadere, ed arrivai alla fine, vicino ad una porticina a righe di legno! Vicino a questa una finestrella che pareva illuminata. Senza indugio, ma con la paura nel cuore, spinsi quella porta! S’aprì e ne uscì polvere che mi fece tossire. Dentro tutto buio! Strinsi in tasca le due piramidi e m’avviai all’interno.

Ad ogni passo solo polvere e quell’odore di morte insistente e nauseabonda! Tutto era nero! Non si vedeva più il sole. Ad un tratto una luce! Sembrava provenire da un’altra stanza. Probabilmente, se fossi stato più saggio non avrei varcato quella soglia, ma dietro di me, ora, l’entrata era sparita! Andai così verso la fonte di quella luce innaturale… quasi grigiastra! Spinsi ed entrai in una stanza come quella di una bambina! Ora non c’era quella brutta luce ma il sole quasi al tramonto! Un cavallino a dondolo mi guardava in maniera tenera, oscillando alla brezza che arrivava non so da dove. Il letto con lenzuola candide era perfettamente conservato! Non osai toccare nulla ma continuai ad esplorare quello stranissimo ambiente. Dunque… quella era la stanza di Donatella? Era questo che pensai, ma era tutto illogico! Come poteva quella stanza essere intatta, mentre tutto intorno era rovina? Strinsi ancor di più le piramidi fino a farmi male… quasi a volermi svegliare da quell’incubo. I raggi del sole, vista l’enorme nuvola di polvere, assumevano forma di raggi. Un televisore s’accese all’improvviso! Mi girai e vidi dei cartoni animati che non avevo più visto dagli anni ’80! Le immagini erano deformate, e subito dopo vidi alcune pagine dimostrative d’un teletext. Potetti leggere solo tra i vari caratteri alla rinfusa: “Donatella-volpe-morta”! Ad un tratto quello scoppiò con gran fragore. Mi tappai le orecchie, ma quando tutto fu finito, vidi una bimba accovacciata dietro ad un angolo del letto che piangeva! M’avvicinai, e le dissi: “Donatella… Sei tu?” Quella, con il volto angelico, disse: “Si! Mia mamma ora non c’è! M’ha lasciata da sola ed ho paura! Tu… tu chi sei? Come ti chiami?” Io, anche se capivo che era un’allucinazione, le dissi: “Sta calma! Io mi chiamo Antonio! Cosa ci fai qui? Di cosa hai paura?” Quella, con gli occhi pieni di lacrime, disse: “Voglio giocare con i bimbi! Voglio correre! Il nascondino non mi piace! Fa paura! Dietro i mobili e le tende ci sono le OMBRE! LE OMBRE NERE!” L’abbracciai, e notai che dietro era tutta sporca di sangue. “Chi ti ha fatto questo? Rispondi!” Le dissi gridando. Donatella, abbracciandomi disse: “Un’ombra cattiva m’ha fatto male! Guarda…” Mi indicò col il ditino a terra, ed io nel vedere quella cosa, nauseato, notai che si trattava d’una coda rossa e nera in punta molto lunga! Tagliata! Capii e piansi! “Aiutami ti prego!! Voglio la mamma!! Voglio correre con gli altri bimbi nei prati verdi!” Abbracciai quella creatura, anche se capivo che non era reale, e dissi: “Vedrai che correrai alla fine della MIA STORIA!! Non succederà mai più una cosa simile!! Te lo prometto!”. Tutto si fece buio, e m’accorsi di stare abbracciando una volpe squartata con la coda mozzata. La poggiai a terra, e poi uscii da quella stanza! Il cavalluccio a dondolo non c’era più! Nulla di quella stanza era più come l’avevo vista! Era un altro mio sogno… ma, io Donatella non l’avevo mai conosciuta! Come mai l’avevo vista? Cosa centravo io con quella storia? Compresi le parole di Ric… le parole di Ric su quei quadretti! Dovevo imparare ad andar oltre… così, di corsa uscii da quel buio!

Invece di trovarmi fuori davanti a quel muro con al di sopra la scala, mi ritrovai ancora all’entrata del palazzo. Era come se non ci fossi mai entrato! Cercai di spingere ancora il cancello che pensavo essere aperto, ma tutto era ritornato ad essere intatto… Capii di non poter ancora entrare… Evidentemente, dovevo ancora RICORDARE per proseguire nella MIA STORIA.

 

 

3.       LA MORTE DEL BIANC CONIGLIO – LE PAROLE DI MIRMO

 

 

Non potendo far altro, decisi d’andare al bar del mio amico coniglietto! Oramai ne avevo bisogno! Sapevo che non avrebbe potuto aiutarmi, ma sapevo anche di trovar da lui comprensione ed affetto! Così, girai le spalle e mi ritrovai davanti la strada deserta! Girai sulla destra ed andai verso la strada che conduceva finalmente al mio LUOGO SICURO! La TANA DEL BIANC CONIGLIO…

Arrivai! Davanti alla porta dell’esercizio commerciale, trovai un’ambulanza con i lampeggianti accesi! Degli uomini si trovavano sulla porta del bar, ed appena mi videro, girarono la testa come per non volermi guardare! “Cosa è successo? Ditemelo!” Dissi, ma uno di quelli, piangendo mi disse: “Va via! Va via professore! Da quando è arrivato in questa città ed in questo bar non sono accadute che DISGRAZIE! Cosa hai detto e fatto a Nino? Cosa?” Mi disse un uomo che avevo sempre visto in quel bar a bere. Io, divenuto bianco, gli dissi: “Cosa è successo? Siete voi a dovermelo dire!! Cosa è accaduto a Nino?” Quello, invece di dirmi qualcosa, si voltò verso la strada e fu li che vidi arrivare un carro funebre! Mi misi a piangere disperatamente! Corsi, spingendo tutti quegli uomini, ed entrai dentro il bar. Trovai Nino steso in terra in una pozza di sangue! Intorno al feretro la sua famiglia! Sua figlia, appena mi vide, cominciò ad urlare: “Ah! La causa di questo è tutta tua… Cosa hai fatto a mio padre? Perché? Perché non te ne vai da questa città che era libera e felice? Cosa ti abbiamo fatto per aver riportato morte e disperazione?” Non seppi rispondere, anche perché le lacrime mi impedivano di parlare! Dalla porta, vidi entrare degli uomini in giacca nera che portavano una bara! Raccolsero il corpo del coniglietto, e lo portarono via! Tutti uscimmo fuori da quel bar. Quegli uomini, misero dentro il carro quel poveruomo, e poi risalirono per mettere in moto il mezzo, portando Nino fuori dalla nostra visuale! Andarono via tutti ed io rimasi da solo davanti al bar ancora aperto! Rimasi come tramortito! Non potevo crederci! Infatti, da quando era iniziato tutto, avevo solamente intravisto il TERRORE! La MORTE! Ma ora, tutto era cambiato! Mi ritornarono di nuovo in mente le parole d’Alberto! Ero rimasto davvero SOLO! Ripensai per un istante, con dolore e tenerezza a quel coniglietto che avevo visto! Ricordai il suo ventre… così indifeso! D’istinto mi toccai l’addome! Provai la sensazione d’una lama che mi trafiggeva! Ora era chiaro! Nessuno di quella città m’avrebbe creduto ed aiutato! Pensai a torto che davvero fossi io la causa di tutto! E… se DIETRO QUELLA FINESTRA, in realtà ci fossi stato IO e soltanto IO? Se fossi stato IO l’artefice della LORO venuta?

Pensando in questo modo, rimasi pietrificato ed anche scosso! Una mano, mi batté sulla spalla! Si trattava di Mirmo… “A cosa pensi, Antonio? Pensi al DOLORE? Pensi d’essere stato tu la causa della morte di Nino? No! Non è così… Nino era condannato a morire da mesi! Lui… lui lo sapeva, ma, anche attanagliato da forti dolori, non è mai mancato in questo bar! Adesso… adesso vieni dentro che ti spiego come sono andate le cose, così capirai tutto!” Abbracciai Mirmo… l’unico che non m’accusava. Non so per quanto ho pianto sul suo petto! Non so quanto tempo siamo stati abbracciati! Io, conoscevo da poco quell’uomo, ma lo stesso m’aggrappai a lui come fosse stato mio padre. Una volpe con una PUZZOLA, INSIEME! “Ok! Adesso basta piangere… Sai… Nino, prima di morire mi ha lasciato questo bar! Adesso sono io il proprietario! La sua decisione è stata improvvisa… Subito dopo averti detto la verità, è venuto da me dandomi le chiavi ed i documenti necessari! Probabilmente comprendeva di non poterti più essere utile! Ma non è più tempo delle lacrime, Antonio! Adesso è tempo della KALIMBA LUNARE!” Dicendo così, Mirmo, mi fece una smorfia buffa, e mi spinse dentro il locale.

Appena dentro, chiuse la serranda. Mi fece accomodare ad un tavolino e prese molte birre. Ne stappammo due. “Alberto! So che hai effettuato i tuoi EXPERIMENTES… so che presto ne farai degli altri! Devi farti forza puzzolina mia!! Ora, nonostante quello che forse hai visto, hai la protezione delle PIRAMIDI! Quando stasera sarai da solo, RICEVERAI e RICORDERAI altri particolari della tua vita! Sarai tu, con tutto questo a compiere i tuoi EXPERIMENTES anche da solo… Ancora non hai visto il VERO BUIOS!! Ma… tutto è necessario per PROGREDIRE!! Tutto è necessario perché la TUA STORIA non sia vana!!” Io, come incantato, guardavo negli occhi Mirmo bevendo, e cercavo di capire. Gli dissi: “Oh Mirmo! Tutti mi odiano! Tutti pensano che il MALE l’abbia portato io! So che non è vero… Ora mi sento destabilizzato! Mi sento morire! Ah! Tu non sai quante cose ho visto e scoperto… E’ vero! L’esser PURI ha delle conseguenze! So anche di non esser da solo, ma lo stesso mi sento così!” Mirmo, nel sentirmi dire così, m’aprì un’altra birra e disse: “Lo so! E’ il destino a portare questa sensazione… MA DEVI RIAPPROPRIARTI DELLA RICERCA!! Non puoi mollare proprio ora che sei così vicino alla soluzione!! Ancora, li, non ci puoi andare!! Non sei ancora pronto! Questo devi capirlo!! Oh amico mio! Ancora dovrai soffrire e SPECCHIARTI NEL BUIO PROFONDO!! Devi guardarti dentro!! Lo so! Farà molto male, ma è il nostro fato!! Dovrai ricordarti della CASA DELLA NONNA CHICCHINA e dopo, successivamente, andare DAVVERO nella STRADA FOSCA! Mah… Forse ho parlato anche troppo!! Domani, riceverai da Ric e da Alby altri EXPERIMENTES… Proprio lì ti faranno vedere il BUIOS!! Forse non avrei dovuto dirtelo, ma sono stati proprio loro a dirmelo! Tu sai perché ti è stato raccontato!! Adesso va a casa e SPECCHIATI NEL BUIO PROFONDO… poi ricerca… RICORDA!! E se puoi… scusami per quello che ti facciamo, tuo malgrado, vedere…”. In quel momento non capii… Salutai così Mirmo. Quello mi aprì la serranda. Voltandomi dalla strada, lo vidi ancora li… mi fece una smorfia! Notai, dietro di lui, una lunga coda da volpe! Sorrisi e m’apprestai a ritornare a casa mia con il mio nuovo compito!

 

 

4.       - LO SPECCHIO DEL BUIO PROFONDO – LO GNOMO

 

 

Infatti, corsi a casa! Ormai era sera… Mi dispiaceva di Nino, però pensai anche che, almeno lui si era salvato da quell’inferno che ormai era la mia vita. Era stato lui il mio mentore e quello che m’aveva spiegato cosa in realtà siamo, e giurai di combattere anche per quel povero coniglietto che tanto aveva dovuto soffrire nella sua vita. Così dicendo svoltai la strada per arrivare a casa. Pensavo a quello che avrei dovuto fare… era la stessa cosa che aveva fatto Alberto, solo che per me, forse, non era proprio la stessa cosa! Arrivai ed entrai… Mi recai subito in camera mia, e, seguendo i sassolini che mi aveva gettato con la SUA STORIA Alberto… proprio come Pollicino, nemmeno accesi la luce! Mi spogliai nudo, e, prendendo uno sgabello, lo posizionai davanti allo specchio e mi sedetti. Potevo sentire un freddo acuto in tutto il mio corpo, ma adesso non m’importava! Mirmo era stato chiaro… Quella notte mi dovevo SPECCHIARE NEL BUIO PROFONDO! L’unica cosa che non capivo era come potevo veder qualcosa in quelle condizioni! Infatti lo specchio non rifletteva NULLA… già! SOLO BUIO PROFONDO! Una sensazione d’ansia mi colse, così come la consapevolezza dalla mia fragilità!

Dopo circa mezz’ora, stavo quasi per rinunciare, però tutto sembrò cambiare all’improvviso quando attraverso quello specchio vuoto e buio vidi me stesso come puzzolina! Una sensazione di pace e di tenerezza m’avvolse! Ma quello specchio doveva mostrarmi molto altro… Infatti, una parola mi tornò in mente… una parola molto strana! GNOMO!! mi sentii molto strano! Un freddo innaturale mi avvolse. Anche se buio chiusi gli occhi! Dovevo guardarmi dentro! Capire! Avevo visto l’esterno di me, ora dovevo recuperare quello che c’era nella mia memoria! Capii che quello che stavo facendo era come entrare in una sorta di macchina del tempo! Infatti, dopo nemmeno un minuto mi sovvennero altri particolari della mia vita passata… Almeno così pensavo… Ma cos’era lo Gnomo?

Avevo circa nove anni, quando io ed i miei andammo a trovare una vecchietta che abitava col marito malato di diabete,  in un appartamento poco lontano da quel maledetto palazzo. Era la festa di compleanno proprio del marito di quella donna! Il suo nome era Chicchina! Dovevamo andare a piedi, visto che l’abitazione dell’anziana si trovava vicino casa mia. Mia madre, tenendomi per mano, mi fece percorrere la strada… la STRADA FOSCA insieme a lei, mentre il mio papà prese la macchina per recarsi in un negozio a comprare qualche scatola di dolcetti per portarla al festeggiato! I ricordi, a questo punto si fecero confusi! Sembrava che il mio cervello non volesse andar avanti per farmi vedere… scoprire! Ricordo solo una lunga scala antica, fatta con delle mattonelle macchiate di bianco e nero, e poi una specie d’entrata fatta con una vetrata, dove sul pavimento c’erano delle piante grasse spinose, mentre sulla destra la porta d’ingresso! Una porta molto vecchia fatta d’un legno di color marrone a righine verticali! Qualcuno aprì senza che noi avessimo suonato! Ad aprire una donna smunta. Non era la padrona di casa, ma sua figlia Yole. “Oh!! Che bella sorpresa!! Carmen!! Sei venuta!! Prego entrate pure! Ah! Come sei cresciuto, Antonio!” Disse scorgendomi, ed abbassandosi,  prese a baciarmi sul viso lasciandomi sulla faccia la sua saliva schifosa. Quell’affetto per me non era corrisposto! Infatti, ho sempre avuto una totale avversione per questo genere d’attenzioni, soprattutto da persone che conoscevo poco! Poi, notai inoltre che l’alito della donna puzzava molto! Mi scostai, e la donna riprendendo a parlare disse: “Ma via!! Ti sei fatto rosso, Antonio!! Ti vergogni di me? Comunque, dai!! Adesso entrate! La nonna ed il nonno sono in veranda! Sapete c’è anche  mia sorella ed i suoi due bambini a festeggiare!!”. Così, io e mia madre fummo costretti ad entrare in quella casa, mentre la donna dava a mia madre delucidazioni terribili sulle malattie dei suoi genitori. L’atmosfera che si respirava nel lungo e stretto corridoio era quasi claustrofobica! Mobili antichi molto alti sia a destra che a sinistra e molti soprammobili pieni di ragnatele a far quasi da guardia a quell’ambiente! Ad illuminare il tutto, delle lampadine che davano una luce soffusa… Gia! Troppo soffusa! Di certo, quello non era un luogo adatto a dei bambini! Yole, ci fece accomodare dentro la veranda che si trovava al di là della cucina/soggiorno molto ampia e spaziosa ricca di divani sgualciti ed un televisore molto antico a far d’angolo davanti ad un balcone perennemente chiuso! L’odore di quella stanza era di cibo e di vecchiaia! La veranda era un luogo molto diverso! Sembrava quasi un’oasi di luce in quel buio strano dell’anticamera. A sedere, vicino ad un tavolo allungato pieno di salatini e liquori con i relativi bicchieri, c’erano i genitori di Yole! Chicchina, perennemente vestita con un abito nero lungo, segno d’un lutto per un suo fratello morto anni prima, appena ci vide entrare, con una voce stridula ci disse: “Che gioia mi date! Vi siete ricordati di venire! Carmen! E’da parecchio che non ti vedo… E lui… lui deve essere tuo figlio!! Ah!! Quanto si è fatto grande!! Sembra ieri che l’hai portato qui… tutto NERO E BIANCO!” A quell’esclamazione, mia madre mi disse frettolosamente: “… Ehm… Antonio!! Va a salutare il nonno Cola!! E chiedi come sta!!” Io non avevo capito molto bene! Non avevo capito che Chicchina mi aveva snocciolato, con la sua ingenuità senile, la VERITA’! Andai dunque, ad abbracciare il nonno Cola, chiedendogli come stava, e lui senza rispondermi,  prese a baciarmi con le sue labbra tremolanti, dandomi una carezza sulla testa con una mano ossuta! Il suo sguardo era perso in una malinconia infinita! Aveva, a tener su i pantaloni larghi due bretelle! Anche lui, come il resto di tutta quella casa, aveva odore di vecchio! Dopo aver baciato il nonno, baciai anche la nonna, e quella, indicandomi con il dito una porta aperta, mi disse: “Antonio! Tesoro!! Va a giocare con i miei nipotini!! Sono di là che vedono la televisione!! Dopo mangerai la torta della nonna!! Amalia… Amalia! Accompagna Antonio da loro!!”. Amalia apparve dalla cucina! Era strano ma non l’avevamo vista entrando… Amalia era l’altra figlia di Chicchina. Questa donna longilinea ed austera, nel peggior senso del termine, aveva il viso bianco bianco e i capelli erano lunghi e neri! Era parecchio strabica, ed io non osavo guardarla poiché mi faceva paura! Già, l’avevo vista un giorno, passando in macchina con mio padre da quella casa! Era a stender dei tappeti su un balcone! Amalia, aveva due figli di cui non ricordo il nome e che poi, dopo quella sera, non vidi mai più! Lei, raggiungendomi da dietro, mi spinse per le spalle senza alcuna delicatezza! Mi staccò da tutti, e senza dire una parola, incurante che io mi ero voltato indietro per cercare mia madre,  mi condusse per un altro corridoio uguale se non peggiore di quello che avevo già visto all’entrata di quella casa, solo che qui si trovava una luce molto particolare… soffusa che facevano brillare i bicchieri che erano chiusi dentro gli alti mobili! Tutto, al nostro passaggio tremolava! Sembrava venir giù tutta l’intera casa! Potevo sentire il pavimento tremare! Ricordo anche un ticchettio come se ci fosse stato un orologio di quelli a parete a scandire il tempo! Dopo, in fondo, un’altra stanza sulla  destra dove si trovavano due bambini intenti a giocare su un tappeto sgualcito con delle biglie di vetro. Ad illuminare la stanza, una lampadina semi annerita dalla fuliggine,  e nella semi oscurità di quell’ambiente tetro, un televisore in bianco e nero…  acceso! Fu allora che Amalia assunse un’espressione che mi restò impressa a lungo! Storcendo la bocca in modo innaturale, disse: “Fate i bravi bambini!! Giocate con Antonio… In televisione ci sono i cartoni!! C’è l’ERBA VERDE! Non andate in giro e non toccate nulla!! Non andate nel corridoio perché c’è lo GNOMO!! Vi prende se non fate i buoni!!” E dicendo così, mi spinse senza alcuna delicatezza verso quei due bambini che mi guardarono in modo strano,  e sparì per ritornare da dove eravamo venuti. Pensandoci, col senno di poi, quella donna… quell’Amalia, come aveva fatto ad aver avuto due figli? E poi, dov’era suo marito? Avevo sentito che fosse morto o scappato, ma non ne ero sicuro. Ne avevo sentito tempo prima parlare ai miei. Sembrava che in quella casa regnasse un’atmosfera del tutto femminile! Anche il nonno sembrava non esserci, ma… a ricordarlo, con la sua espressione triste, sembrava aver sofferto molto… Sembrava anche aver visto molto…

Quei bambini, come dicevo, mi guardavano come fossero impauriti. Uno di loro, mi disse guardandomi in modo serio: “C’è la festa del nonno, ma il nonno non c’è!!”. Quell’esternazione mi lasciò perplesso, e gli dissi: “Ma… bimbo… come non c’è? Io… io l’ho appena visto!!” “Quello non era il nonno!! Era lo GNOMO!!” Gridò l’altro, correndo via da quel tappeto come se avesse avuto paura. Nel correre, si lasciò dietro una scia di polvere che mi fece tossire. L’altro bimbo, invece, non si mosse e, prendendomi per mano mi disse: “Anche tu ti fermerai qui con noi per sempre? Noi vogliamo giocare!”. Guardai quei due bimbi negli occhi, e m’accorsi che le loro pupille erano nere… tutti i loro occhi erano completamente neri! Ebbi un enorme paura, e m’alzai da quel tappeto di scatto! Volevo andare via! Capii che quella situazione non era normale! Volevo tornare… Volevo tornare da mia madre! Così, corsi verso la porta che m’aveva visto entrare insieme a quella donna, ma i due bimbi, m’inseguirono per quel corridoio che pareva diverso da quando lo avevo percorso. Mi dicevano: “Non andare via!! Adesso viene lo GNOMO e ti prende perché sei stato cattivo!! CATTIVI COME LO SIAMO STATI NOI!! Sei stato cattivissimo non volendo giocare insieme a noi!! Gli diremo che ci hai picchiato e lui, poi, picchierà te come ha picchiato noi! Poi, ci faceva tanto male la pancia ed il culetto!!”. Non capivo! C’era qualcosa di anormale! Anche se piccolino capivo di trovarmi in una specie di incubo. Ad un tratto, gridai: “Chi è lo GNOMO? Forse vostro nonno?” Quelli, cantarono in coro: “LA… LA… LA… IL NONNO GNOMO ECCOLO QUA!!” E tentarono di bloccarmi con le loro manine sporche… Mi accorsi che si trattava di escrementi. Mi venne un conato, ma poi liberandomi, facendo cadere a terra quei due, corsi via, ma della fine di quell’orrido corridoio nemmeno l’ombra! Sembrava non finire mai! Ad un tratto m’accorsi di ritrovarmi ancora nella stanza del tappeto. Dei due bambini nemmeno l’ombra! Mi chiesi dove erano potuti finire, e come mai mi trovavo ancora lì… In tv uno strano segnale! Una scacchiera! Ad un certo punto, Amalia spuntò come un fantasma dalla porta dicendo: “Antonio!! C’è la torta!! C’è la torta del nonno!! Vieni a mangiare!!”. Avrei voluto chiederle dov’erano i due bambini, ma con terrore m’accorsi della loro foto attaccata al muro con al di sotto una candela accesa! Accanto, attaccato al muro a lato della foto, uno GNOMO di plastica! Era vestito come il marito di Chicchina ed aveva le stesse bretelle e lo stesso sguardo triste… già! Molto triste! Mi girai per guardare Amalia, ma invece di lei, TRE figure nere che corsero via! Intanto avevo la bocca piena d’una torta che sapeva di marcio… Dopo… dopo buio, ed una voce disse: “Ecco… Ecco la torta del nonno!! Ti piace?”.

Mi destai davanti allo specchio! Faceva molto freddo e stetti male! Cominciai a provare l’istinto di vomitare, e corsi nudo per arrivare nel bagno! Infatti, feci appena in tempo ad arrivare al lavandino perché vomitai subito… vomitai un qualcosa che pareva una torta! Chino, davanti al lavabo, con ancora i conati, ricordai quello che davvero era successo! Io nella casa di Chicchina non ero mai andato! Ricordai… m’avevano raccontato che il nonno era morto insieme ai nipoti in un modo bruttissimo! Fu proprio lui ad uccidere i due nipotini prima picchiandoli e poi anche violentandoli con forza! Poi, si tolse la vita impiccandosi proprio con delle bretelle! Lo fece in giardino… vicino ad uno gnomo di plastica… Nelle sue mani, un pezzo di giornale arrotolato… una rivista! Nella sua tasca trovarono anche un pezzo di legno nero tutto bruciato. Vicino allo gnomo, un libro… un libro vecchissimo e tutto ingiallito dal tempo. Chicchina, morì poco dopo, mentre le due sorelle, affrante nel dolore, decisero d’allontanarsi per sempre dalla nostra città.

Tutto nudo, con la testa ancora nel lavandino, piansi! Avrei dovuto ricercare me stesso davanti a quello specchio, ed invece mi trovai a vivere una storia che NON ERA LA MIA!! Quella era una strana situazione… Perché dovevo vedere cose che non m’appartenevano? Cosa centravo io con tutto questo? Non trovando alcuna risposta a questo, decisi d’andare a letto. Ora… ora volevo solo dormire per dimenticare… Erano stati LORO gli artefici, anche in quel caso, di tanto dolore e sofferenza! Il povero nonno, era semplicemente un’altra LORO vittima… Senza nemmeno rimettermi i vestiti, m’infilai nel letto, e chiusi gli occhi… Il domani m’avrebbe di sicuro portato nuovo terrore e tristezza con gli EXPERIMENTES. Poi… capì quello che dovevo fare! Ripercorrere la strada FOSCA per andare davvero nella casa di Chicchina! Cosa avrei scoperto?

 

 

5.       IL DONO DEL CONIGLIO – LA CASA DI CHICCHINA – L’ARMADIO TARLATO

 

 

Arrivò un’altra mattina, e con quella, anche la voglia di ripercorrere la strada FOSCA ed andare in quella casa che fu teatro di dolore e lacrime. Dovevo aspettare anche la chiamata di Ric ed Alby per gli EXPERIMENTES… ma sapevo che m’avrebbero chiamato il pomeriggio. Ora, la mia priorità era quella FOSCA strada e casa… Siccome era ancora presto, decisi che quel giorno avrei preso un caffè al bar, e poi via verso il mistero, anche se il vero mistero sol io sapevo dove si trovava.

Subito cominciai a scrivere tutto quello che mi era accaduto, e poi uscii da casa mia, e mi diressi verso il bar… ma sapevo che ad accogliermi non sarebbe più stato Nino il Bianc Coniglio, ma la volpe… una VOLPE SPECIALE… MIRMO. Camminando lungo la strada, ripercorsi mentalmente tutto quello che avevo visto e sentito! Erano, comunque, tutti fatti separati da me… Tutte STORIE NON MIE! Ancora non avevo capito il perché dovesse ora capitarmi tutto questo! Perché? Io, infondo, ero stato solo un testimone e nulla più! Ma ero stato graziato! In molte occasioni avrei dovuto essere io quello ucciso da LORO.

Arrivai al bar, ed al bancone Mirmo. Appena mi vide, fece subito una smorfia buffa, e poi mi disse: “Vedo che sei già all’opera, Antonio… Cosa farai oggi prima degli EXPERIMENTES?” Io, salutai la volpe con molto calore e gli raccontai della notte precedente e di quello che avevo intenzione di fare. Mirmo, mi guardò senza parlare, e poi, preparandomi il caffè, visto che poteva parlare liberamente, siccome ero ancora l’unico cliente, disse: “Prima d’andare, ti devo consegnare una cosa che Nino il coniglietto ha lasciato per te nel retrobottega. Dimmi, hai in tasca le due piramidi è vero?” Io risposi di si, e poi dissi: “Chissà cosa m’ha lasciato il coniglietto?” Mirmo, facendomi la solita smorfia che mi fece ridere, disse: “E’ una sorpresa!! Nino, ti considerava come un figlio! Da quando è iniziato tutto, non ha smesso di volerti bene… volerti bene fino all’ultimo! Si considerava fortunato ad aver davanti a se… come ti definiva, un EROE… Forse l’ultimo eroe che sconfiggerà una volta per tutte quei demòni dannati! Un eroe PUZZOLA che porterà la pace! Se ti ricordi, Antonio… i tuoi colori sono il BIANCO ED IL NERO… Già! Proprio i colori ideali! I colori della SCACCHIERA!!” Sorbii il caffè, e poi Mirmo mi disse di seguirlo nel retro. Lì, mi fece andare verso uno scaffale, e prese un computer portatile molto vecchio e me lo consegnò, dicendo: “Tu insegni informatica, Antonio… Questo è un computer molto particolare… Guarda un po’ la marca…”, io diedi un’occhiata e rimasi inebetito!! La marca in questione era ZODIACO!! “Guarda un po’!! Come faceva Nino a possedere questo calcolatore? E poi, cosa ci sarà memorizzato sopra?” Dissi, mentre il mio istinto da informatico veniva prepotentemente alla luce… Mirmo, rise e disse: “Questo computer, così m’ha detto, l’ha trovato tantissimi anni fa proprio vicino a quel palazzo!! Forse non lo sai, ma Nino abitava proprio in una casa infondo alla via FOSCA!! Il computer  non è mai stato acceso! Avrebbe voluto dartelo prima, ma…” Piansi! Il coniglietto voleva darmi quella cosa che riteneva essere importante prima di morire… Ringraziai tanto Mirmo, e dissi: “Adesso devo proprio andare! Analizzerò il computer non appena arriverò a casa! Ti ringrazio Mirmo!”. Quello, facendo una smorfia buffa, disse: “Però, devi stare attento! Non sappiamo cosa ci potrebbe essere salvato… Tu sai… tu sai perché HAI LETTO!!” Risposi di si, ed un brivido mi scese lungo la schiena! Infatti, ricordai la storia di Alby.

Uscii di fretta e mi diressi proprio verso la strada FOSCA. Ad attendermi quel maledetto palazzo, e poi la curva che doveva portarmi nella casa di Chicchina! Per logica non ci potevo entrare! Pensai che fosse chiusa da anni, ma qualcosa mi diceva che avrei comunque messo piede in quell’ambiente. Anche questo era successo ad Alby con Samantha nella casa degli zii. Così, guardando il palazzo con agitazione, lo superai e girai l’angolo. Ecco la casa! Proprio come l’avevo sognata! La scalinata… la vetrata… le piante spinose… insomma tutto era come doveva essere! Notai che un cancelletto nero che dava su quelle scale era chiuso! Era tutto arrugginito e sporco! Stavo quasi, guardandomi in torno se ci fosse qualcuno, per scavalcarlo, visto che era basso! Così, appoggiando delicatamente il computer portatile sul primo gradino, sospirando forte, scavalcai quel cancello nero. Mi ritrovai su quelle scale! Presi il computer e lo portai con me fino alla vetrata, e lì l’appoggiai vicino alle piante spinose! Nel farlo mi spinai. Con il dito in bocca, proprio come aveva fatto Ric da piccolo, guardai quella porta a righe. Respirai ansiosamente, e poi cercai d’aprire quell’uscio. Quello, cigolando in modo sinistro, e strisciando la terra al suo di sotto come se ci fosse stata sabbia che graffiava il pavimento, s’aprì. Tutto era al buio! Pensai che la storia si ripeteva… Già! Tutto si ripete diverso ma uguale!

Ora, non restava che entrare per esplorare! Nella strada non c’era nessuno, e così entrai. Tutto era avvolto da un’oscurità quasi totale, ma notavo gli alti mobili e tutte quelle bomboniere! Avanzai senza toccare nulla, e, come nel sogno, giunsi fino in cucina! Le finestre di quel posto erano aperte! La tanta polvere faceva in modo che l’ambiente sembrava irreale… quasi magico! Mi ricordai, ad un tratto delle parole dette dalla nonna Chicchina! Io c’ero stato già in quel posto… probabilmente da piccolo… Notai quel televisore e poi anche la veranda! Tutto pareva immobile… fermo!! Il cuore mi batteva all’impazzata! Dovevo ripercorrere tutto quello che avevo sognato! Andai, dunque, verso la veranda. C’erano due sedie a dondolo! Probabilmente le sedie dove di solito si sedevano i vecchi padroni di casa… ma, stranamente dondolavano! Pensai al vento, ma era tutto chiuso! Rabbrividii, pensando a qualche fantasma, ma poi mi feci coraggio!! Io non dovevo aver paura dei fantasmi, ma di LORO!! Vidi la porta che dava sull’altro corridoio e cominciai ad andare. Tutto era tetro e spaventosamente reale! Infatti, nei sogni si capisce d’esserci dentro, ma tutto quello che stavo vivendo non era uno scherzo della mia mente! Sempre quei mobili alti a destra ed a sinistra! Su quelli, ogni tanto, uno strano scintillio come se ci fosse qualche fonte luminosa. Uno sportello era aperto! Era posizionato in basso. Mi chinai per vedere, e dentro c’erano parecchi dischi a quarantacinque giri. Ne presi uno per vederlo da lontano, e vidi sulla sua copertina verde il titolo : “LA LUNA”! Dovevo portarlo con me! Capii che poteva essere un segno… un segno di KALIMBA LUNARE! Lo presi e lo misi nel giaccone! Dovevo proseguire, e così m’avvicinai a quella che doveva essere la porta della stanza dal tappeto sgualcito! La porta era semiaperta… Cosa poteva aspettarmi in quel posto? Di sicuro non quei bimbi! L’aprii, e senza far rumore cominciai ad avanzare nella stanza. Il tappeto c’era davvero… il televisore pure, ma era spento e delle foto dei bimbi con lo GNOMO nessuna traccia! Ma poi mi gelò il sangue pensando allo GNOMO! Sul muro, dove troneggiava la foto e l’insano GNOMO, c’erano come delle macchie, probabilmente quella foto era stata presa o da Yole o dalla donna strabica, mamma dei due bambini! Però c’era ancora il porta candela con sola cera! Mi girai piano piano a vedere tutta la stanza, e mi prese un’enorme malinconia! Pensai ai giochi che avevano fatto i due bimbi ed alle risate che avevano fatto nel giocare a chissà quali giochi! Era evidente! Non avrei trovato nulla in quella stanza, e così volli andar via. M’avviai di nuovo per il corridoio, ma questa volta andai più a fondo! Volevo trovare qualche cosa che mi riconducesse alla verità! Così, avanzai e trovai una stanza con la porta aperta! Da dietro… da dietro un rumore!! Mi girai e capii che proveniva dalla veranda! Per logica pensai a qualcuno, ma l’oscurità di quella casa diceva il contrario! “Sarà il vento…” pensai e mi girai… Mentre mi giravo, vidi una luce provenire dalla stanza del tappeto, ma subito dopo nulla! Respirai forte! Forse avevo avuto un’allucinazione dovuta alla paura… ero suggestionato! Però dovevo continuare la mia ricerca! Entrai, dunque, in quella stanza che avevo davanti… Era la camera dei padroni di casa! Tutto sapeva di vecchio… di muffa! Trattenni il respiro ed avanzai. C’era un enorme letto matrimoniale, e poi, davanti ad esso un grande armadio! Un enorme Crocefisso era appeso sopra i cuscini! Mi feci istintivamente il Segno di Croce, e poi volli andare verso quell’armadio per aprirlo! Era tutto tarlato! Potevo sentire l’antico legno disgregarsi sotto le mie dita! Mi fece schifo anche perché puzzava in un modo impressionante. Mi venne quasi da rimettere ma resistetti! Presi con due mani le maniglie che chiudevano quell’antro nauseabondo e le tirai con forza! L’armadio così di distrusse davanti ai miei occhi con un tonfo,  alzando una polvere schifosa… Chiusi gli occhi, proteggendomi il viso con le mani…

 

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